MASSIMO SIRAGUSA di Sandro Fogli
12/05/2011L’ultimo lavoro di Massimo Siragusa è la bella serie su alcune delle principali biblioteche italiane, esposte recentemente alla Festa del Libro. Sono grandi stampe "piene", frontali, che riempiono l’inquadratura con un’infinità di dettagli sui quali l’occhio del visitatore può soffermarsi. Ancora una volta una lunga preparazione e mesi di viaggi attraverso l’Italia. Massimo sembra scegliere con cura, per la sua indagine fotografica, soggetti per loro natura già carichi di appeal sui quali poi intervenire con la sua personalissima visione fotografica. Ecco allora oltre a Biblioteche anche Giardini d’Italia o Leisure time.
"Ho iniziato come fotoreporter, ma già da subito sentivo stretta quella necessità eccessivamente documentativa. Il primo vero lavoro, 22 anni fa, è stato un progetto impegnativo, anche questo completamente autoprodotto, "Bisogno di miracoli", durato circa tre anni, durante i quali ho viaggiato per l’Italia sui luoghi dove fedeli s’incontravano in devozione per un'apparizione, un veggente, una madonna sanguinante... E’ stato molto complesso e difficile anche per la natura stessa di questi gruppi che non sempre accettano un fotografo…Per accentuare l’aspetto mistico, religioso avevo lavorato con una pellicola bn all’infrarosso che mi permetteva di ottenere stampe dai toni falsati, come di un’altra dimensione. Era una tecnica per me funzionale al messaggio …ma contraria alle regole classiche del fotogiornalismo".
Da subito Siragusa ha sentito il bisogno sperimentare e di stare dentro il mondo della fotografia professionale con una propria precisa identità ed una propria specifica visione: " … se si ha una direzione chiara, se si fa bene il proprio lavoro, prima o poi le cose accadono".
La svolta comincia con un lavoro sul circo e con le prime chiamate da gallerie e committenti. "Il circo è stata una mia scommessa. La mia agenzia era convinta che non fosse un tema interessante e vendibile".
Necessità personali hanno poi imposto che tralasciasse per un lungo periodo la ricerca puramente artistica e qualsiasi pensiero di lavoro artistico: "Sono stati 4 anni di duro lavoro quotidiano, da fotoreporter, che però hanno fortemente contribuito a formarmi professionalmente, ad insegnarmi una rigorosa disciplina sul lavoro e un metodo che mi sarebbe poi tornato utilissimo per affrontare ogni nuovo progetto. Mi hanno insegnato, quegli anni, a non dispedere le energie e arrivare al risultato. Molti giovani falliscono proprio per la mancanza di una rigorosa auto-disciplina sul lavoro".
Dal reportage che necessitava una presenza ravvicinata al soggetto Massimo Siragusa si è progressivamente allontanato, allontanandosi anche fisicamente dai soggetti delle sue fotografie, per avere una visione distante e più allargata. L’inquadratura si è riempita anche dello spazio esterno, che prima era escluso, e sono entrati mille particolari a raccontare e ad arricchire la scena.
Anche l’approccio al colore è cambiato. Da fortemente contrastato, quasi urlato, è diventato tenue, leggero, pastello, con quella sua caratteristica leggera sovraesposizione che dà un respiro di luce ai suoi quadri fotografici.
Temi scelti ed approccio estetico sono andati verso una direzione più matura …e anche più appetibile per il mercato dell’arte: oggi le sue stampe sono in musei, gallerie e collezioni private, oltre a percorrere, come classiche fotografie, tutto il normale percorso editoriale.
"Sono molto rigoroso sulle tirature delle mie stampe: due soli formati e 5 copie massimo per formato. Certo, considerando che uno degli specifici della fotografia è proprio la sua riproducibilità all’infinito, la tiratura è un pò una finzione …o una regola se vogliamo, che la fotografia si è data per accedere al mercato dell’arte".
La fotografia è certamente un’immagine che deve viaggiare sui propri specifici media, ma è anche una stampa, un’oggetto e dunque anche un oggetto di desiderio e di possesso. Immagini come quelle di Massimo segnano un’epoca ed entrano con pieno titolo nel mercato del collezionismo e dell’arte.
"Soprattutto per chi comincia, oggi non ci sono più spazi per lavorare e guadagnare con la fotografia nell’editoria e nel reportage: fotografie e video si pubblicano sul web in tempo reale. Il fotogiornalismo come lo abbiamo conosciuto appartiene ad un’altra epoca storica...ma contemporaneamente alla sua fine è nato uno spazio artistico che prima non esisteva quando ho cominciato".
Quanto è importante la "camera" nel linguaggio fotografico?
"Lo strumento che usi è certamente funzionale alle immagini che vuoi fare. Per le mie foto di oggi non potrei certo usare una Leica 35 o digitale, perfetta invece per un racconto di reportage. Ho usato a lungo il banco ottico, sia per la correzione delle linee che per la maggiore incisione che mi consentiva. Il "banco", poi, mi consente di "reggere" molto meglio la sovraesposizione pur continuando a leggere, anche nei toni chiari, tutti i dettagli che includevo.
Da qualche tempo sono passato al digitale, la cui qualità è diventata veramente sorprendente. Ho un dorso Phaseone che abbino alla Silvestri o che monto su una camera reflex, sempre Phaseone".
Tu sei siciliano e per di più di Catania, una città con una forte personalità, con un grande fermento creativo, basti pensare agli artisti che ha prodotto nei vari campi, dalla musica alla letteratura alla fotografia: quanto è stata importante nella tua crescita umana e artistica? "Catania è una città sufficentemente piccola perchè le persone possano incontrarsi, comunicare, scambiarsi idee, crescere insieme. Nello stesso tempo è abbastanza grande per lasciarti lo spazio che desideri, non è oppressive, non ti controlla, ti lascia libero. Tuttavia rimane ovviamente un orizzonte chiuso per chi ha dei sogni troppo grandi ed allora bisgna emigrare là dove quei sogni hanno speranze di realizzarsi, Milano, Parigi, New York…il mondo intero…"
Qualcosa del genere mi viene da pensare è accaduta negli anni settanta-ottanta a Modena e dintorni (Ghirri, Fontana, lo scrittore Manfredi, …): abbastanza vicini per scambiarsi sogni e progetti, abbastanza lontani ed isolati per costruire in silenzio.
Consigli per un giovane? "E’ molto difficile vivere di fotografia professionale, gli spazi si sono chiusi, l’editoria è in crisi, dunque è importante per prima cosa una base economica solida e nessuna responsabilità familiare…
Il primo elemento essenziale per chi vuole essere autore è sempre quello di essere in sintonia con sè stessi, fare ciò che è congeniale al proprio essere". E mi torna in mente una frase del mio maestro spirituale, il navigatore solitario Bernard Moitessier: "I guai cominciano quando tradisci te stesso".
Occorre dunque conoscersi senza raccontarsi menzogne, cercare di tessere un filo costante tra ciò che si è e ciò che si fa. Non si possono dunque fare foto di viaggio se si ama la comodità del quartiere, non si possono fare ritratti se si ha un animo non comunicativo, non si può fare pubblicità se si affida alla fotografia un messaggio etico.
"Poi occorre trovarsi dei solidi riferimenti nel mondo professionale che si desidera percorrere. Nell’arte è importante un rapporto costruttivo con un gallerista o un curatore …fare un percorso da soli mi sembra molto molto difficile. Queste figure sapranno aiutarci a crescere professionalmente e a farci capire le precise regole di quel mondo.
Un’altra cosa che paga molto è un dialogo-confronto con uno o due colleghi che si stimano, punti di riferimento con cui scambiarsi opinioni e critiche sui propri lavori."
Massimo Siragusa è nato a Catania nel 1958. Inizia a collaborare con l'Agenzia Contrasto dal 1989.
Vive a Roma. Le sue fotografie sono apparse sulle migliori testate internazionali. Ha firmato numerose campagne pubblicitarie, e insegna fotografia presso diverse scuole. Ha esposto in Italia e all'estero ed è autore di vari libri.
Ha vinto quattro World Press Photo: nel 1997, con "Bisogno di un Miracolo", poi nel 1999 con "Il Cerchio Magico" nel 2008, grazie al reportage sul "Tempo Libero", e l'ultimo nel 2009 con "Fondo Fucile", sulle baraccopoli di Messina.
E' rappresentato dalla galleria Forma di Milano e dalla Polka Galerie di Parigi.
SANDRO FOGLI
fotografo professionista dall'80, ha lavorato nella pubblicità, nella moda e nell'editoria.
Direttore di fotografia per corti e videomaker egli stesso. Ha gestito una libreria dedicata alla fotografia ed al multimediale.
Si dedica alla produzione e realizzazione di mostre e libri che lo riguardano e che sono connessi alla Fotografia. Vive a Roma, lavora dove lo portano la sua curiosità e i suoi progetti.
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